Gay & Bisex
Campeggio parte 2

21.04.2025 |
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"«Ma guarda chi c’è!» esclamò Stefano, dandogli una pacca sulla spalla..."
La mattina dopo la notte con Stefano e Alberto, mi svegliai con un misto di stanchezza e adrenalina. Il sole scaldava la tenda, e l’odore di salsedine si mescolava al profumo del caffè che Stefano stava preparando all’esterno. Alberto era già in piedi, a torso nudo, intento a lavarsi con una bottiglia d’acqua.
Ci sedemmo su un tronco nella pineta di Candiani, sorseggiando il caffè. D’un tratto, un rumore di passi tra gli aghi di pino ci fece voltare. «Ehi, c’è qualcuno!» disse Stefano, alzandosi. Dalla vegetazione spuntò un ragazzo con uno zaino in spalla, capelli mossi e un sorriso sfrontato. Lo riconobbi subito: era Marco, il figlio del fruttivendolo. Quello che, come aveva detto Stefano, mi aveva “inculato” un paio di volte dietro il negozio di suo padre.
«Ma guarda chi c’è!» esclamò Stefano, dandogli una pacca sulla spalla. «Che ci fai qui, Marco?»
«Ho sentito che eravate a Porto Pino a fare i porci in tenda», rispose lui ridendo. «Mio padre doveva consegnare della roba qua vicino e mi ha dato un passaggio. Mi fermo un paio di giorni, se non vi scoccia.»
Guardai Stefano, poi Alberto. Marco aveva un fare spavaldo, ma il suo sguardo si posò su di me un po’ troppo a lungo, come se stesse rivivendo i nostri momenti. Alberto, che non lo conosceva, lo squadrò da capo a piedi, cercando di inquadrarlo.
«Beh, più siamo, meglio è», disse Stefano, rompendo il silenzio. «Vero, regazzino?» Mi strizzò l’occhio, e io arrossii, sentendo tutti gli occhi su di me.
Passammo la giornata in spiaggia. Marco si integrò subito: scherzava con Stefano, sfidava Alberto a chi nuotava più lontano e, ogni tanto, mi lanciava battute che mi facevano sentire nudo anche col costume addosso. «Ehi, regazzino, ti ricordi quella volta dietro le cassette di pomodori?» disse a un certo punto, facendomi quasi strozzare con la birra. Stefano scoppiò a ridere.
Verso sera, dopo una doccia fredda con l’acqua del campeggio, tornammo alla tenda. L’aria era densa, carica di una tensione che ormai conoscevo bene. Marco aveva portato una bottiglia di mirto, e ce la passammo seduti in cerchio, con il rumore delle onde in sottofondo. Più bevevamo, più le battute si facevano pesanti.
«Allora, Marco», disse Alberto, rompendo il silenzio. «Tu e il regazzino avete una storia, o è solo una cosa di passaggio?»
Marco rise, appoggiandosi su un gomito. «Diciamo che quando vuole della frutta fresca, sa dove trovarmi.» Mi guardò, il tono mezzo scherzoso, mezzo provocatorio.
Non sapevo cosa rispondere. Stefano, come al solito, prese il controllo. «Basta chiacchiere. Siamo in vacanza, no? Facciamo un gioco.»
«Che gioco?» chiese Marco, incuriosito.
«Facile. Il regazzino decide chi va per primo.»
Mi sentii il sangue salire alla testa. «Cioè, io?» balbettai.
«Esatto», disse Stefano, ridendo. «Sei il nostro campione, no? Scegli chi vuoi, e gli altri guardano. Poi tocca a tutti.»
Guardai i tre: Stefano, col suo ghigno sicuro; Alberto, che mi fissava ; Marco, che si leccava le labbra come un lupo. Non so perché, ma indicai Marco. Forse perché con lui era sempre stato semplice, senza complicazioni. O forse perché volevo vedere come avrebbero reagito gli altri.
Marco non se lo fece dire due volte. Si alzò, mi prese per un braccio e mi tirò dentro la tenda. «Andiamo, regazzino.» Gli altri ci seguirono, e l’atmosfera si fece subito incandescente. Marco mi spogliò con gesti rapidi, come se non vedesse l’ora. Mi mise a quattro zampe, le sue mani callose che mi palpavano il culo. «Cazzo, sei sempre un capolavoro», mormorò.
Mentre mi leccava, sentivo gli sguardi di Stefano e Alberto su di noi. Marco era diretto, senza fronzoli: sputò, mi preparò con un dito e poi mi penetrò con un colpo deciso. Gemetti, più per la sorpresa che per il dolore. Il suo cazzo non era grande come quello di Alberto, ma sapeva usarlo, pompando con un ritmo che mi faceva perdere la testa.
Dopo qualche minuto, Alberto interruppe tutto. «Ehi, fruttivendolo, non sei da solo qua.» Si alzò, il suo cazzone già duro, e si mise davanti a me. «Apri la bocca», disse. Obbedii, e lui mi infilò quel mostro tra le labbra, spingendo con calma ma deciso. Marco, dietro, non si fermò, e io mi ritrovai preso da entrambi, con Stefano che guardava, segandosi lentamente.
La situazione era fuori controllo. Marco mi scopava con colpi sempre più veloci, grugnendo come un animale. Alberto mi teneva la testa, scopandomi la bocca con una calma quasi sadica. Sentii Marco venire, riempiendomi, e si tirò fuori, ansimando.
Alberto non perse tempo. Mi fece stendere sulla schiena, sollevandomi le gambe. «Tocca a me», disse, con un tono che non ammetteva repliche. Entrò in me, facilitato dal seme di Marco, e iniziò a scoparmi con un ritmo lento e profondo che mi mandava in tilt. Marco, ancora eccitato, si mise di fianco, mentre Stefano si avvicinò, infilandomi il suo cazzo in bocca.
Ero al centro di tutto, travolto. Venni senza toccarmi, schizzando sul petto, e Alberto, subito dopo, mi riempì con un gemito roco. Stefano venne poco dopo, sporcandomi il viso.
Ci accasciammo tutti, sudati, col mirto che ci girava ancora in testa. Marco rise, dando una pacca sul culo a Stefano. «Cazzo, questa tenda è meglio di un bordello.»
Stefano scoppiò a ridere.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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